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domenica 20 marzo 2011

Auguri a questa giovane vecchia Italia (Fin qui nulla di nuovo)


L’Italia ha compiuto 150 anni ed è doveroso farLe i nostri migliori auguri come tutti nel nostro bel paese hanno fatto.
Fin qui nulla di nuovo.
Fiumi di parole e discorsi che ci invitano ad essere patriottici e a riconoscere il valore del tricolore. Simposi e feste per ricordare ai più giovani quanti hanno perso la vita per l’Unità d’Italia. Rivisitazioni in chiave eroica dell’inno di Mameli e della figura dei Mille, netta opposizione alle ipocrite fantasticheria della Lega (Odino e l’ampolla del Po) che ci vorrebbero divisi e che alla fine hanno partecipato alle celebrazioni istituzionali.
Questa giornata di festa sarà consegnata alla storia come la solita cartolina in bianco e nero e alquanto sbiadita di un’Italia imbellettata ma sempre più marcia dentro.
E fin qui, ancora nulla di nuovo, purtroppo.
In effetti, quando si compiono gli anni, dopo l’ebbrezza e la gioia per la festa, è inevitabile tirare delle somme e sarebbe giusto che anche l’Italia lo facesse, ma visto che Lei non può, dovremmo farlo noi come italiani.
Non voglio elencare tutti i problemi che esistono, resistono e persisteranno, non voglio tirare in ballo la disoccupazione giovanile, il lavoro nero, le mafie, l’immondizia, il mal governo e chi più ne ha più ne metta, vorrei solo far notare che gli ospiti d’onore al compleanno dell’Italia erano tutti anziani, dinosauri della politica, dinosauri della televisione, dinosauri del cinema, etc., e dov’erano i giovani?, facevano la coreografia ad uno spettacolo che, ahimè, ricalca la realtà, imbucati ad una festa che avrebbe dovuto vederli come protagonisti, giovani che non sentono più il calore di un tricolore made in taiwan.
Diceva Emile Barrault « Un uomo, che, facendosi cosmopolita, adotta l'umanità come patria e va ad offrire la spada ed il sangue a ogni popolo che lotta contro la tirannia, è più di un soldato: è un eroe », bene, oggi la tirannia è diversa, uccide il pensiero ed è schiava di sistemi economici complessi che espongono maggiormente i giovani ad un’instabilità sistematica e le nostre vite sembrano segnate come in una casta indiana.
Non ci sono slanci, non c’è inventiva, pochi osano combattere un sistema precostituito e preordinato e di quei pochi molti periscono soffocati dalle maglie della storia o dalle penne prezzolate che scrivono la “nostra” storia.
Abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale, di un nuovo umanesimo non avvezzo al servilismo che ci ha sempre caratterizzato come popolo e di un linguaggio comune che declini nei fatti il verbo della meritocrazia, dell’innovazione e della valorizzazione.
Ma come sempre, anche se vessati, alla fine della giostra, ci attiviamo a “cambiare tutto, per non cambiare nulla”. Allora, anche se in ritardo, ti faccio tanti auguri giovane vecchia Italia.
Eppure fin qui, ancora, nulla di nuovo.

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